Alberto Di Fabio alla Galleria Umberto Di Marino
Umberto Di Marino
Visto da qui_Alberto Di Fabio
A che punto siamo con le montagne
La Galleria Umberto Di Marino presenta un nuovo appuntamento del progetto Visto da qui, inaugurato ad aprile 2019 e che proseguirà senza limiti di tempo, alternandosi alla regolare programmazione.
Nel solco della prospettiva costruita attraverso i progetti degli ultimi venti anni, la galleria sente l’esigenza di sottolineare la propria identità come luogo di ricerca e sperimentazione dei processi artistici e delle possibilità generative dell’interpretazione come strumento critico della società. Consapevole del ruolo di tramite che, grazie alle sue esposizioni, ha sempre ricoperto tra produzione e critica artistica, tra sistema dell’arte e territorio, interrompe temporaneamente l’attività espositiva di nuovi progetti per dedicarsi ad una ridefinizione dei propri scopi, quanto più possibile aperta al confronto con il pubblico.
Dall’esperienza delle ultime mostre organizzate in altri spazi cittadini, nata dalla collaborazione con istituzioni e associazioni locali, come il ciclo ten more ten o la più recente monografica di Jota Castro, diffusa sull’intera area metropolitana, desidera proseguire sulla strada di un maggiore approfondimento teorico e dell’ampliamento delle forme di partecipazione democratica al dibattito.
L’ambizione del nuovo programma è esplicitamente quella di invitare gli addetti ai lavori a riflettere sull’evidente sovrapproduzione che i processi tipici del capitalismo cognitivo stanno generando anche all’interno dei modelli produttivi della scena artistica. Al contrario, valorizzare il potenziale di un deposito vuole essere un gesto di apertura al proprio contesto, con lo scopo di trovare modalità più efficaci d’interazione anche dal punto di vista sociale ed economico.
L’idea di amplificare la progressiva smaterializzazione della produzione (anche dell’opera d’arte) a vantaggio della costruzione di nuovi linguaggi e nuove visioni, è intesa come una presa di posizione e responsabilità verso la missione soprattutto culturale che le gallerie hanno sempre assunto rispetto ai luoghi in cui hanno scelto d’inserirsi. Il recupero di opere provenienti dal deposito, attraverso la loro rilettura storica, introduce a riflessioni sulla contemporaneità, sviluppate in collaborazione con curatori, collezionisti, studiosi, scrittori, a partire dall’interdipendenza delle loro relazioni e punti di vista differenti.
Nell’ottica di costruire un sapere sociale, mutuando la processualità dal modello informatico dell’open source, ogni selezione di lavori funzionerà da codice sorgente per la condivisione di prospettive critiche. Contributi provenienti da frequentatori abituali della galleria, come pure da interlocutori più distanti, verranno raccolti e messi in circolo grazie alle possibilità di connessione e disseminazione offerte dagli strumenti tecnologici, riflettendo anche sul ruolo sempre più determinante che essi assumono nella definizione dell’estetica contemporanea. Il risultato sarà un catalogo co-progettato a partire dal corpus di opere di volta in volta esposte nello spazio.
La galleria aprirà, infine, le porte anche come centro studi, mettendo i suoi materiali a disposizione del pubblico. Ogni quindici giorni gli allestimenti e gli artisti in mostra varieranno a rotazione continua, in percorsi fruibili già dalla porta d’ingresso o attraverso la documentazione fotografica, assecondando la prospettiva architettonica delle tre stanze in sequenza. Annullando la dimensione episodica dell’evento d’inaugurazione, il pubblico è dunque invitato a considerare l’insieme come spunto d’indagine e occasione di una fruizione più organica e personale dei contenuti proposti.
Costituendosi come luogo della porosità, l’augurio è di contribuire al risveglio della sensibilità, così come definita in opposizione alla progressiva dissociazione tra intelligenza e coscienza da Franco “Bifo” Berardi in un recente editoriale su e- flux, Journal #98, (Sensitive) Consciousness and Time: Against the Transhumanist Utopia.
« Il progetto transumanista si basa sulla premessa per cui la tecnologia permetterà una perfetta simulazione della vita intelligente. L’implicazione sottesa a questo processo, tuttavia, è la conclusione che la vita intelligente possa essere disgiunta dalla sensibilità, perché dal punto di vista dell’economia evolutiva, la sensibilità è una qualità residua e non necessaria, un fattore di lentezza e inesattezza.
La storia della civilizzazione sociale negli ultimi due secoli può essere letta come un tentativo di aggirare l’inflessibile legge della sopravvivenza del più adattabile. La solidarietà sociale ha costituito lo sforzo di trasformare il mondo in un luogo anti-naturale e senza competizione. L’autonomia della politica e dell’etica dalla legge naturale dell’evoluzione si è basata sulla limitazione del potere dell’intelligenza da parte del conscio. Quando l’intelligenza non è costretta dalla sensibilità, infatti, esplode come forza bruta. »
Montagne rosse, 1994, acrilico su carta intelata, cm 130×90 Montagna verde, 1995, acrilico su carta intelata, cm 94×70 Montagna blu, 1995, acrilico su carta intelata, cm 94×70