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Bona de Mandiargues al Museo Nivola

Il Museo Nivola presenta la prima grande retrospettiva dell’artista surrealista Bona de Mandiargues (Roma 1926 – Parigi 2000).

Artista e scrittrice, la sua singolare vicenda – mai in precedenza ricostruita – ne fa, insieme a figure come Leonora Carrington, Meret Oppenheim, Dorothea Tanning, Dora Maar o Remedios Varo, una delle protagoniste del panorama di un surrealismo “al femminile” oggi finalmente al centro dell’attenzione di critica e pubblico.

La sua opera scaturisce da una ricerca di sé che trova nei temi della metamorfosi, del totemismo animale e del fantastico i mezzi per esprimere un’identità divisa e frammentata.

“La mia ricerca è alchemica – affermava l’artista – voglio fare dell’oro a partire dagli escrementi. (…) Rifaccio il mondo: là sono altrove, vedo le cose da più lontano.”

 

Donna affascinante, molto ammirata e generatrice di travolgenti passioni, Bona rifiuta esplicitamente i ruoli di donna-musa e donna-bambina, prevalenti nell’ambito del Surrealismo. Si identifica invece, almeno a partire dagli anni settanta, con la lumaca, animale ermafrodita e figura ambivalente, al tempo stesso amichevole (si pensi alla fata turchina di Pinocchio) e ripugnante, incarnazione dell’informe surrealista. Per l’artista, la lumaca è simbolo dell’androgino, di fragilità e forza, e del continuo arrovellarsi della sua mente inquieta.

 

Il percorso della mostra

La mostra, basata su estese ricerche d’archivio, ricostruisce l’itinerario di Bona de Mandiargues attraverso 71 opere comprese tra il 1950 e il 1997, provenienti dalla collezione degli eredi dell’artista e da raccolte private e pubbliche fra cui la Fondazione Intesa San Paolo, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara.

Il percorso, aperto da un gruppo di preziosi dipinti che segnano l’avvicinamento dell’artista all’immaginario surrealista, prosegue con i fantastici paesaggi infuocati del 1955-56, influenzati da un viaggio nell’Alto Egitto, e le opere astratte dalle paste spesse e materiche dalla seconda metà degli anni cinquanta fino ai primi sessanta, quando la suggestione della cultura messicana aggiunge nuovi elementi al suo immaginario.

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