Cultura

Piangendo di Michele Cesaratto alla galleria Acappella

Acappella annuncia ‘Piangendo’ di Michele Cesaratto, seconda mostra personale in galleria dell’artista friulano. Inaugurazione Venerdì, 21 Febbraio 2025, ore 18:00

Il Tagliamento, in dialetto Tiliment, è il maggiore fiume del Friuli Venezia Giulia ed è considerato l’unico dell’arco alpino a conservare l’originaria morfologia a canali intrecciati. Nel suo medio corso il suo letto può raggiungere la larghezza di un chilometro senza considerare i boschi e i campi sulle sponde. Le esperienze di formazione di Michele Cesaratto, (1998), prima che nelle Accademie Italiane, passano tutte attraverso la corrente del Tagliamento, tangente al borgo di Gradisca di Spilimbergo (PN), paese dove è cresciuto e che con il tempo è diventato luogo di ritrovo, di raccolta, in armonia tra il passato rurale e la natura circostante. In questo contesto, antico, ma indissolubilmente legato alla sua generazione, si appassiona di arte, cultura orientale, studio delle piante, falegnameria, musica e illustrazione. A poche centinaia di metri dalla piccola piazza del paese, luogo dove ha sede il suo laboratorio, è possibile entrare in una piccola strada che porta dritta al greto del Tagliamento.

Seguendo un percorso che più che di Grand Toursa di artista del tre-quattrocento Italiano, Michele Cesaratto sceglie prima l’Accademia di Firenze per poi concludere gli studi del quinquennio a Venezia. In queste due città traccia, oltre al Friuli storico, la base portante delle sue successive sperimentazioni, in un mondo sospeso tra la contemporaneità, il Trecento e il Quattrocento europeo e i tre millenni di civiltà cinese. L’influenza dell’antico, da primordiale, negli anni inizia a riguardare non solo gli aspetti formali e tecnici dell’immagine, bensì si estende all’approccio spirituale della pittura presa in riferimento da alcuni artisti di quei tempi.

Passando da Fra Angelico, Pollaiolo, Pisanello, ed i primitivi del XIII° e XIV° secolo, emerge netta una caratteristica comune: nonostante l’eleganza e la raffinatezza delle loro opere, spesso a sfondo sacro, emerge sempre quella stessa dimensione ingenua che Cesaratto manifesta nella “coziness” del suo studiolo a Fagagna (UD), tra una bevuta di tè cinese e un ascolto dei FSK Satellite davanti al cavalletto. Il suo “grindare” arte ed altre manifestazioni che nella sua leggerezza di vita, viva, nel suo tocco genuino e studiato del pennello, vengono trasferite nella sua tavola, attualissima pittura, tavola ingenua, in-genui, generata da sé e perciò spontanea, qualità sopraffina dei pittori secondo la trattatistica cinese a partire dall’età Tang 唐 (618-907). Così, attraverso la memoria, il colore e l’emozione vissuta nel paesaggio, Cesaratto ritorna alla sua terra, o Oltremanica, o verso la Cina o al boschetto di bambù presso il suo paese natale in Friuli, senza alcuna pretesa d’essere pari ai maestri antichi, ma appunto assimilando nella tecnica e nello spirito senza tempo la loro medesima potenza figurativa e il loro mistero, che ancora oggi ci permette di apprezzarli.

Nella pittura di Michele Cesaratto, la natura è incarnata e dipinta sulla tavola ottenuta dai tronchi da lui stesso recuperati e tagliati. Tramite un processo di assimilazione, osservazione, studio e coltivazione effettiva delle piante, il pigmento trasferito nella sua tavolozza anch’esso ottenuto attraverso studi empirici di secoli e secoli, successi e fallimenti nella lavorazione delle terre. Dalla natura torna al quadro per rappresentare delle scene spontanee, originate dalla memoria e dal sentimento dell’artista, al pari delle scelte di rappresentazione dei maestri cinesi tra l’età Song (960-1279) e Yuan (1271-1368), un paesaggio, un momento trascorso con gli amici, come nel Rotolo dei Sei Gentiluomini (1345) del maestro di età Yuan, Ni Zan (倪瓚 1301-1374).

Come minuti oggetti di artigianato di pregio, le rappresentazioni presenti nelle tavole di Michele Cesaratto seguono un canone comune tra paesaggio e soggetto. Ciò che spicca è proprio la loro commistione, dove il paesaggio non è mero scenario, ma orizzonte delle sue emozioni, del passare del tempo, e testimone di un mondo globale e globalizzato, in cui il repertorio di qualsiasi cultura o artista di facile accesso, e apre così le porte a continui, incontrollati rimandi iconografici e tematici, contenutistici e formativi. Tutto può essere riferimento, in una tale vastità, tanto da rendere davvero complesso tracciare il tutto, un compito filologicamente quasi impossibile, probabilmente anche per l’artista stesso.

Raccolta la sua eredità è difficile scindere la sua arte dalle radici della sua terra così come è difficile non pensare per un momento ai maestri che l’hanno ispirato, ma se lo facciamo non abbiamo che delle scene di vita olistiche di fronte a noi, chiuse nel mistero stesso della loro creazione priva di sovrastrutture congenite. Rispetto ai tempi moderni, si può essere certi che con Piangendo, seconda mostra personale presso la galleria Acappella di Napoli, Michele Cesaratto dà spazio a quel mistero, a quella maturità artistica di un pittore anacronistico ma a suo modo parte di questa era neo-medioevale, esponente contemporaneo di uno scambio che attraverso la rete internet raccoglie una generazione, la nostra, permeata di mistero e oscurità da sciogliere.

Michele Cesaratto, un giovane artigiano un artista attento, cauto, che va tutelato e protetto, lasciando la sua pittura traspirare del marcio vivo e fertile del nostro tempo.

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