Cultura

Informal Inclusion, il nuovo lavoro di Eugenio Tibaldi, a maltabiennale.art

Il Padiglione Italia a maltabiennale.art presenta Informal Inclusion, il nuovo lavoro di Eugenio Tibaldi, a cura di Francesca Guerisoli e Nicolas Martino, presso Villa Portelli a Kalkara fino al 31 maggio 2024. Il Padiglione Italia a maltabiennale.art è promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e dalla Fondazione La Quadriennale di Roma, in partenariato con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’Ambasciata d’Italia a La Valletta, l’Istituto Italiano di Cultura di La Valletta ed è realizzato dalla Fondazione La Rocca.

 

Avvalendosi della collaborazione di Heritage Malta, Eugenio Tibaldi priva di una temporalità definita gli spazi di Villa Portelli con l’obiettivo di evidenziare i molti tempi delle diverse vite che l’hanno attraversata. L’installazione da un lato fa emergere storie dimenticate e svela l’invisibile, dall’altro decostruisce quella retorica che, a partire da un punto di vista particolare, ha determinato un racconto univoco sull’Europa e sul Mediterraneo creando gerarchie e subordinazioni immediatamente riconducibili a rapporti economici e di potere.

 

Informal Inclusion esplora le dinamiche marginali attraverso le quali passano i processi di inclusione sostenuti dall’indicibilità dei nostri desideri più nascosti, mette in evidenza il rapporto complesso tra economia e cultura contemporanea e fornisce uno sguardo laterale sul tema dell’immigrazione. In continuità con la ricerca che contraddistingue la sua pratica artistica, Tibaldi parte dal concetto di margine, dalle storie non raccontate o sottaciute perché indissolubilmente legate allo sfruttamento dell’ “altro”. A emergere in superficie è il ruolo di una realtà sommersa ma, allo stesso tempo, sempre più indispensabile per le economie e le vite della parte più ricca del mondo.

 

L’installazione rimanda al rapporto contraddittorio tra il bene e il male: una serie di “attivatori” inconsapevoli accendono una luce sul passato dell’isola e, allo stesso tempo, svelano poeticamente la violenza di un mondo in cui i processi migratori ridisegnano le mappe dei nostri territori e ripropongono il trauma del rimosso coloniale.

 

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