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SALVIFICA. Il Sassoferrato e Ettore Frani, tra luce e silenzio al Palazzo degli Scalzi di Sassoferrato

Venerdì 6 ottobre alle ore 17.00 presso il Palazzo degli Scalzi di Sassoferrato (AN) inaugura la settantaduesima edizione della Rassegna Internazionale d’Arte | Premio G. B. Salvi con la mostra SALVIFICA. Il Sassoferrato e Ettore Frani, tra luce e silenzio, a cura di Federica Facchini e Massimo Pulini, una monografica dell’artista contemporaneo Ettore Frani (Termoli, 1978), che si porrà in dialogo con dieci dipinti inediti del pittore seicentesco Giovanni Battista Salvi detto il “Sassoferrato”, provenienti dal mondo collezionistico e antiquario. Entro il Premio Salvi dalla scorsa edizione, è stato dunque concepito un doppio progetto di ricerca, sull’antico e sul contemporaneo, attraverso un confronto stimolante, serrato e visionario tra le opere di due artisti.

Il Sassoferrato, solo in apparenza sempre uguale a se stesso, è invece un artista che proprio in questi ultimi decenni di studio ha offerto continue e importanti sorprese, oltre a raggiungere sempre più alti risultati nelle aste internazionali.

Questi appuntamenti annuali diventano anche un’occasione straordinaria per condividere un laboratorio di idee e riflessioni su uno dei pittori più affascinanti del XVII secolo. Versioni inedite di fortunate iconografie, ma anche novità assolute che aprono nuovi percorsi di ricerca, verranno esposte nelle sezioni della mostra.

Le singolari caratteristiche iconiche, concettuali e mistiche del Salvi hanno tracciato la rotta per individuare, nel panorama artistico attuale, le figure che costituiscono un ideale parallelo nel presente.

Quest’anno la scelta della direzione artistica è caduta su Ettore Frani (Termoli, 1978).

Da oltre un ventennio Frani porta avanti un’attenta e intima riflessione tanto sul mondo della natura quanto su quello della pratica pittorica come “luogo” di autentica e profonda esperienza meditativa e spirituale.

L’opera e il suo farsi divengono per l’artista occasione di esplorazione e momento privilegiato nell’esperienza dell’invisibile. Le sue opere si pongono come soglie socchiuse sul mistero, dove il tempo è sospeso, dilatato tra contemplazione e ieraticità, dove il sacro si fa immanente.

Centrale è il dialogo tra luce (come silenzio, abbagliamento della visione) e polvere (come ultima rappresentazione possibile, come elemento residuale dell’incessante attività umana e del suo reiterare quotidiano, come pulviscolo cosmico o forse cosmogonico).

Una poetica quella di Frani affrontata con grande profondità, rigore concettuale ed esecutivo che si pone in una relazione stringente e feconda con l’opera pittorica di Giovan Battista Salvi.

L’artista molisano sente molto affine l’immagine del monaco-pittore che nella ripetizione della sua pratica pittorica compie un rito – come la perpetua, intensa e quotidiana recitazione di un rosario – nella misura e nel rigore di sublimare e contenere gli affetti terreni.

Attraverso il proprio gesto pittorico, fatto di continue e ripetute sottrazioni e velature di colore nero steso sopra la tavola laccata di bianco, Ettore Frani trasfigura la materia liberandone l’essenza spirituale.

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